venerdì 3 maggio 2013

Sul governo Letta



 Da Micromega on line. Enrico Letta mi sembra: <"Austerità"... tu chiamala se vuoi "lavoro">. Manco Forlani aveva il naso così lungo. (Per la cronaca, l'articolo non è stato pubblicato da il manifesto).
Il Berluskeynesismo non basta
di Sergio Cesaratto
In perfetto stile democristiano il neo Presidente del Consiglio Letta ha fatto numerose promesse, più o meno condivisibili - l’abolizione dell’IMU certo no in quanto avvantaggia soprattutto i ceti medio-alti. A essere benevoli la scommessa sembra essere quella di ottenere dall’Europa un allentamento degli obiettivi di bilancio sì da poter mollare un po’ i cordoni della spesa e, con un po’ di fortuna, arrestare il declino di reddito e occupazione. Anche Fassina ha sostenuto l’idea di andare con determinazione in Europa a rinegoziare il rigore fiscale. Tutto bene, dunque? Temiamo che si continui a sottovalutare la vera dimensione della crisi europea. Sebbene, infatti, le politiche di austerità siano state la riposta sbagliata alla crisi, e vadano dunque terminate, questo non è sufficiente se non è l’Europa nel suo complesso a dismetterle procedendo verso un insieme di politiche di segno opposto. Fare un po’ di Berluskeynesismo in un paese solo non ci porterebbe molto lontano. Prima ancora della sanzione europea v’è quella dei mercati finanziari in paesi privi dell’ombrello di una propria banca centrale. Che debba essere un economista di sinistra a ricordarlo è paradossale. Ma a essere malevoli, le critiche di Letta all’austerità sono solo di facciata, tant’è che in Europa ha promesso il rispetto del consolidamento fiscale. Come si possa far crescita in questo modo non è dato sapere. Berlusconi, dal canto suo, si accontenta di qualcosa sull’IMU da dare in pasto agli allocchi, tanto l’ira degli esodati e dei cassa-integrati si riverserà tutta sul PD.

In un certo senso ha ragione Letta a sottolineare che l’Europa deve andare avanti nel processo di integrazione. Si tratta, infatti, di implementare quelle istituzioni e politiche che solo possono far funzionare un’area economica complessa e disomogenea come l’Eurozona. L’euro è nato senza quelle istituzioni poiché è stata un’operazione di disciplina sociale, e l’austerità ne è conseguenza ultima. Questo con buona pace dei padri intellettuali di Letta – Andreatta, Ciampi e Padoa-Schioppa e, a onor del vero, anche Prodi – che prima con il sistema monetario europeo e col “divorzio” fra Banca d’Italia e Tesoro e poi con l’unificazione monetaria hanno fatto della disinflazione l’asse della politica economica. Il risultato è stato che a cercare di importare l’Ordoliberismo tedesco ci siamo ridotti allo stato attuale.
La questione è se allora questo governo ha la necessaria ispirazione politica e relativa autorità tecnica per smuovere l’Europa affinché adotti politiche monetarie e fiscali e aggiusti la distribuzione del reddito a favore dei ceti medio-bassi con l’obiettivo della ripresa dell’occupazione. La nomina di Saccomanni all’Economia non appare certo all’altezza. Né mi sembra che dall’opposizione SEL e del M5S incalzino il governo con sufficiente forza e competenza su questi temi - vedremo nel futuro. Così il programma di Letta sembra una farsa del CAF - in piccolo naturalmente, ma si sa, i tempi sono grami. Da un lato ci si lega le mani facendosi mancare il sostegno ai titoli pubblici da parte della banca centrale e rinunciando allo strumento del tasso di cambio, mentre dall’altro si promettono improbabili misure di spesa.
Nel dream-team tutto al femminile che dopo le elezioni proponemmo in una lettera a il manifesto (e che Bordin e altri ripresero) non mancammo di collocare Emma Bonino agli Esteri. Le abbiamo dunque portato fortuna.  La ministra ha la fama di liberista e di ultra-europeista. L’abbiamo però percepita consapevole che un’Europa priva di quelle istituzioni che rendono gli Stati Uniti un’area economica funzionante non potrà che sfasciarsi. Ora abbiamo anche Fassina all’Economia. Venga dunque da loro una proposta di riforma dell’Eurozona, adeguata e organica, da portare con la dovuta autorità al tavolo europeo. Non c’è molto da sperare. Però almeno la finiremo di prenderci in giro con chiacchiere europeiste.

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