lunedì 28 ottobre 2013

La matassa ingarbugliata dell'unione bancaria europea



Pubblico delle note didattiche per il mio corso di Politica ficale e monetaria dell'Unione Europea dedicate al tema dell'Unione bancaria. Non sono di facile lettura, nel senso che la questione è ingarbugliata e le informazioni spesso non di facile accessibilità. Questo passa il (mio) convento per ora. Se vi arrischiate a leggerele, tenete fermi i tre pilastri illustrati all'inizio, quelli vi fanno da riferimento.
La matassa ingarbugliata della Banking union
Sergio Cesaratto
Dipartimento di Economia Politica e Statistica – Università di Siena
Cesaratto@unisi.it
In June 2012, euro area leaders affirmed, ―it is imperative to break the
vicious circle between banks and sovereigns.… “ (IMF 2013: 20).

Avvertenza: queste sono note didattiche distribuite in quanto forse utili. L’esposizione è del tutto provvisoria ed è stata solo velocemente rivista.
1. Necessità di una unione bancaria
Un post di Daniel Gros (Gros 2013)– un noto economista europeo - spiega bene perché un’unione bancaria (UB) sia un pilastro essenziale di una UM ben funzionante. Un  post di Dolan (2013) spiega bene i meccanismi di una crisi bancaria e le possibile procedure di risoluzione.
Gros confrontava i meccanismi di gestione delle crisi bancarie del Nevada e dell’Irlanda. Ambedue gli stati avevano attraversato prima della grande crisi una bolla edilizia sfociata, appunto, in una crisi bancaria. Nell’un caso, tuttavia, la crisi è stata affrontata a livello federale, nell’altro fondamentalmente a livello nazionale. Nel primo caso lo stato del Nevada è rimasto fondamentalmente fuori della gestione della crisi – se non subendo le conseguenze economiche della fine del boom edilizio, ma questo è un altro discorso – mentre lo stato irlandese ha dovuto farsi carico del salvataggio delle proprie banche entrando a sua volta in crisi (per cui la crisi bancaria si è trasformata in crisi sovrana) e necessitando di una sostegno europeo (di cui tratteremo nel cap. 10), tanto più non disponendo di una BC sovrana dotata, per definizione, di un potere illimitato di finanziare la spesa pubblica. Non potendo godere di un sostegno diretto della BCE, questa è intervenuta a sostegno del debito pubblico irlandese (e degli altri paesi periferici) attraverso un’ampia disponibilità di liquidità a favore delle banche locali (l’operazione LTRO) le quali l’hanno impiegata per sostenere i titoli del debito sovrano nazionale – non per buon cuore, evidentemente, ma perché attirate dalla differenza fra il basso costo della liquidità e gli elevati rendimenti dei titoli. Questo ha creato un circolo vizioso, un abbraccio mortale, fra stati in crisi per aver sostenuto banche fallite, e banche fallite che sostengono stati falliti. Spezzando da principio ogni coinvolgimento dello stato locale nella crisi bancaria, il modello americano evita questa situazione.

Local banks in Nevada experienced huge losses, just like in Ireland, and many of them became insolvent, but this did not lead to any disruption of the local banking system as these banks were seized by the Federal Deposit Insurance Corporation (FDIC), which covered the losses and transferred the operations to other, stronger banks. In 2008-09, the FDIC thus closed 11 banks headquartered in the state, with assets of over $40 billion, or about 30% of state GDP. The losses for the FDIC in these rescue/restructuring operations amounted to about $4 billion.
(da Gros http://www.voxeu.org/article/banking-union-if-ireland-were-nevada)
Da ricordare, inoltre, che l’impatto sulla popolazione locale della fine del boom edilizio e della ristrutturazione bancaria (che naturalmente avviene) è attenuato dai meccanismi fiscali semi-automatici che avvengono in uno stato federale: vedendo scemare reddito ed entrate fiscali, il Nevada paga meno imposte federali ricevendo più sussidi (ai disoccupati ecc). I costi della ristrutturazione bancaria –assorbimento delle perdite, ricapitalizzazione o vendita delle banche ecc. – sono sostenuti a livello federale. Inoltre negli SU molte banche sono strutture ramificate in tutta l’Unione, sicché crisi locali sono più facilmente assorbite dalle banche. Le banche europee sono più nazionali, per cui subiscono in pieno una crisi locale.
In una UM composta di stati nazionali, una crisi bancaria va dunque necessariamente affrontata a livello federale. L’integrazione finanziaria europea non è stata invece seguita da una armonizzazione dei meccanismi di sorveglianza e regolazione.
Nel summit europeo del giugno 2012 l’UE sembrò prendere coscienza di questo fatto, con particolare riguardo al caso spagnolo, ben più esplosivo per dimensione di quello irlandese (si veda l’affermazione riportata all’inizio). In quell’occasione il vertice approvò un prestito di fondi dell’European Stability Mechanism (ESM, di cui ci dovremo occupare più avanti) per la ristrutturazione di alcune banche spagnole (in particolare di Bankia) di 60 miliardi di euro. Il prestito era però al governo spagnolo per cui, in verità, non si spezzò come verbalmente auspicato l’abbraccio mortale fra governo locale e banche nazionali. Non fu un buon inizio.
2. L’acronimia dei tre pilastri di una unione bancaria.
Una UB poggia su tre pilastri (che sono i medesimi di un sistema nazionale di supervisione e risoluzione delle crisi bancarie):
--> Un meccanismo di sorveglianza (acronimo: Single Supervisory Mechanism - SSM) e regolamentazione, in parole semplici una autorità preventiva delle crisi basata su regole certe e comuni (tipicamente quelle di Basel III). Il meccanismo di supervisione dovrebbe prevenire anche la tentazione peccaminosa (moral hazard) a comportamenti finanziari azzardati fidandosi dell’esistenza, all’occorrenza, di meccanismi di salvataggio pubblici.  
--> Un meccanismo di risoluzione delle crisi (Single Resolution Mechanism - SRM) che, sfortunatamente, si possono presentare nonostante la qualità della supervisione. Tale meccanismo deve fissare le regole sulla ristrutturazione delle banche inclusa l’individuazione delle figure che devono sostenere perdite e costi relativi alla ristrutturazione. Qui c’è la vexata questio della quota delle perdite e costi di ricapitalizzazione che deve ricadere sui creditori e azionisti delle banche (bail in) o sui contribuenti (bail out). Il coinvolgimento (bail in) della proprietà e dei maggiori creditori è necessario per evitare le tentazioni peccaminose (cioè tenere comportamenti rischiosi tanto poi si è salvati col denaro pubblico). Accanto alla creazione di un SRM v’è dunque l’elaborazione di una legislazione comune (regole condivise) che fissi le modalità di risoluzione delle crisi bancarie. Un SRM dovrebbe essere inoltre accompagnato idealmente da:
---> Un sostegno finanziario (backstop) che assicuri da un lato i fondi necessari alla ristrutturazione delle banche; Idealmente si dovrebbe avere qui un Single Resolution Fund – SRF. Si dovrebbe inoltre prevedere una forma di garanzia per i piccoli depositanti ritenuti meritevoli di protezione (Deposit Guarantee Scheme - DGS). Il sostegno finanziario dovrebbe essere adeguato per crisi di singoli istituti di credito che per crisi sistemiche.
Al riguardo c’è in realtà un quarto pilastro che è il ruolo della BC come prestatore di ultima istanza (lender of last resort LOLR); questo riguarda tuttavia crisi di liquidità e non si solvibilità delle banche. Come vedremo nel cap. 9, le banche ricorrono ordinariamente (sebbene in maniera più massiccia durante la presente crisi) a strumenti di creazione di liquidità della BCE contro titoli che fungono da collaterale. In assenza di collaterale accettabile (eligible) per gli standard posti dalla BCE, le banche possono ricorrere anche alla finestra della Emergency Liquidity Assistance (ELA) presso la propria banca centrale.

I tre pilastri sono stati sinora fondamentalmente nazionali. Da quanto si evince da ciò che l’UE ha fatto e presumibilmente farà nel futuro, una struttura europea solida viene creata solo con riguardo al primo pilastro (e con dei limiti), e non a caso visto che si tratta di una mera attività istruttoria che non prevede decisioni finanziarie in merito a eventuali ristrutturazioni o l’impiego di fondi comuni. La presa di responsabilità europea con riguardo agli altri due pilastri è assai più limitata a casi di estrema emergenza – quelli in grado di porre in pericolo l’UME. Per il resto ciascuno continuerà a vedersela per proprio conto. Peraltro quello che si deciderà di fare non riguarda la presente crisi bancaria, l’eredità (legacy). Quindi poco per il futuro, ancora meno per il presente. Ma in tal modo, secondo molti commentatori, la crisi europea continuerà.
3. La logica dei pilastri
Un UB completa tale da spezzare l’abbraccio mortale fra crisi bancaria e crisi di stati sovrani privi di una propria BC (dunque impossibilitati a ricorrere alla printing press) richiede infatti che tutti e tre i pilastri siano presenti poiché si presuppongono vicendevolmente.
Un documento dell’IMF (2013) riassume la natura dei tre pilastri e la loro connessione. In sintesi il SSM serve a prevenire le crisi; esso è dunque un presupposto per il SRF (e per il DGS) a cui gli stati membri sono disposti a partecipare solo se v’è stato un comune e rigoroso meccanismo di sorveglianza volto, in particolare, a impedire forme di moral hazard suggerite proprio dall’esistenza di un SRF; quest’ultimo presuppone pure un SRM, cioè regole comuni di risoluzione delle crisi che presuppongano, magari, anche forme di bail in volte a scoraggiare il moral hazard.
E’ chiaro come il punto più delicato riguarda SRF/DGS (ma anche il SRM che deve nei fatti regolamentare la costituzione di SRF/DGS e l’eventualità del ricorso a fondi europei). La tendenza che la Germania sembra imporre all’EZ è di strutturare a livello europeo (almeno per le grandi banche) SSM e SRM, e lasciare a livello nazionale i SRF/DGS, con un ricorso solo in extremis a fondi europei (l’EMS, come vedremo) nel caso di una minaccia sistemica alla stabilità dell’euro. L’idea tedesca è che l’abbraccio mortale fra banche e stati vada spezzato prevedendo sia che SRF/DSG siano costituti in ciascun paese con fondi delle medesime banche locali, che attraverso una forte penalizzazione di azionisti e creditori subordinati delle banche locali nel caso di crisi. La crisi rimarrebbe però, fondamentalmente, a livello locale non senza effetti, attraverso il forte impatto sul settore privato nazionale, anche sulla stabilità delle finanze sovrane. I tedeschi sembrano però far salva la possibilità, per quegli stati che se lo possono permettere, di poter salvare le proprie banche – come essi hanno già fatto su scala macroscopica negli scorsi anni. Questo non farebbe che scavare ancor più il solco fra paesi core e paesi periferici. Più avanti approfondiremo.

Esaminiamo ora alcuni passaggi del documento dell’IMF:
<The logic of a union. A single regulatory and supervisory framework would help contain
systemic risks and curb the moral hazard attendant with common backstops and safety nets; a single resolution mechanism with adequate backstops would isolate and address pockets of weakness; and a common safety net would help prevent retail deposit runs that could overwhelm the capacity of any one country.
Regulation and supervision. Regulation involves rules to prescribe what banks must or may
not do, while supervision verifies and enforces such rules and adds broad discretionary
powers to control undue risk-taking and ensure adequate capitalization. Both seek to complement market discipline imposed by bank creditors and shareholders. The SSM would facilitate a systemic approach of supervision to risk management across all countries and help identify and prevent the buildup of excessive risk concentrations. It would enforce regulations consistently across the banking union, reduce national distortions, and better
address cross-border issues and fragmentation. It could be less subject to capture by local
interests (if not to broader ones); e.g., Agarwal et al (2012) show that, in the United States,
federal regulators are significantly less lenient than state regulators (although the United
States also has federal backstops in place).
Resolution and safety nets. An effective resolution mechanism would facilitate intervention in
a timely manner to address weak banks and prevent contagion across the system. A single
resolution authority would support market discipline and should minimize the costs of
failing individual banks, although in the case of systemically important institutions cost
minimization needs to be considered at the level of the system. Together with a common
safety net that comprises deposit insurance (to provide certainty to retail depositors) and a
lender of last resort (for emergency liquidity), it would enhance the capacity to cope with
shocks that may overwhelm any individual economy. A credible single resolution framework
and safety net would address coordination and burden-sharing problems related to crossborder
failures and internalize associated externalities. By moving responsibility for potential
financial support from the national to the supranational level, they would decouple banks’
prospects from that of sovereigns with weak finances, and protect individual sovereigns
from banking sector weaknesses. They would also limit the potential burden on taxpayers,
including by ―bailing in creditors as necessary.
Il IMF sottolinea che una efficace UB implica tutti e tre i pilastri:
<Progress is required on all elements, and the governance of the banking union must provide the right incentives and promote timely decision making, lest national interests prevail and effectiveness is compromised.
A single supervisory mechanism (SSM) without a common resolution and safety net
framework will do little to break the vicious circle between banks and sovereigns and
stabilize the euro area. In particular, à lack of a credible resolution framework would hamper
the effectiveness of the SSM, and impede timely decision making by leaving national
authorities to deal with the fiscal consequences of others’ supervisory decisions.
à Bank recapitalization as well as resolution and deposit insurance mechanisms would lack
credibility without the assurance of fiscal backstops and burden-sharing arrangements.
à Conversely, common safety nets and backstops without effective supervision and resolution
would break sovereign-bank links, but risk distorting incentives, reinforcing tendencies for
regulatory forbearance, and shifting losses to the euro-area level. Effective control must
accompany, or precede, risk or burden sharing.>

Avrebbe una UB di questo tipo impedito la crisi? Il IMF sostiene che una UB avrebbe con il SSM impedito l’esposizione a determinati rischi di certi sistemi bancari nei paesi periferici (Spagna, Irlanda, Cipro), e successivamente con un SRM e un SRF impedito la spirale fra crisi bancaria e sovrana. (p. 8).

L’esempio americano
Much of this experience comes from the United States, where a special resolution regime for banks was introduced decades ago and was reformed following the 1980s Savings and Loan
(S&L) crisis. In contrast, most EU countries did not introduce special resolution legislation until the
current crisis1. The US resolution regime for banks is administered by the Federal Deposit Insurance Corporation (FDIC), a federal agency created in 1933 and headquartered in Washington DC. In the recent crisis it has operated reasonably well, and has overseen the resolution of close to 500 banks, including very large ones such as Washington Mutual (which had more than US$ 300 billion in assets) in late September 2008, without largescale disruption in spite of significant losses imposed on creditors including senior unsecured ones. The Dodd-Frank Act of 2010 extended the resolution authority of the FDIC to systemically important non-bank financial institutions, a category that would have included firms that were udged ‘too-big-to-fail’ and were bailed out in 2008 (Bear Stearns, Fannie Mae, Freddie Mac, AIG and GMAC) as well as Lehman Brothers. In April 2011, the FDIC published an analysis that suggests that, had the Dodd-Frank Act been in place in September 2008, it would have been possible to resolve Lehman Brothers in an orderly manner, as was the case for depositary banks (FDIC, 2011).

4. Cosa ha fatto l’Europa in direzione della UB?
Le vicende europee nel predisporre una UB sono intricate, vista la continua opposizione fra, da un lato, la Francia e gli altri paesi periferici e, dall’altro lato, la Germania e i suoi satelliti. Ovviamente la ragione di ciò riguarda modalità (SRM) e costi della risoluzione delle crisi bancarie /SRF/DGS), in generale, e con riguardo a come affrontare il pregresso (legacy) relativo alla presente crisi. Si tengano ben fermi i tre pilastri: sorveglianza (SSM), risoluzione (SRM), fondi di sostegno (SRF/DGS o backstop).
--> 29 Giugno 2012 à creazione SSM: il vertice europeo decide  di creare un SSM e fa la famosa affermazione: (“We affirm that it is imperative to break the vicious circle between banks and sovereigns”), ribadita nei vertici di ottobre e dicembre. Da osservare che l’affermazione avviene in un momento di crisi acuta per Spagna e Italia. Come al solito la UE sembra fare dei passi in avanti in momenti simili (magari per arretrare quando le acque si sono calmate). Infatti l’impegno lì stipulato sembra essere largamente disatteso sulla base di quanto l’EZ si avvia a decidere.
     Circa le origini del “doom loop” basti qui ricordare che in taluni paesi, come Spagna e Irlanda, le banche sono state salvate con fondi pubblici, per cui il problema si è trasmesso da banche agli stati; successivamente capitali dei paesi forti dell’EZ che avevano finanziato i debiti pubblici dei paesi periferici (inclusa l’Italia) sono stati ritirati. La BCE ha messo a disposizione delle banche periferiche molta liquidità incoraggiandole a sostenere i debiti pubblici. Alla fine si è creato un circolo perverso di banche ai limiti dell’insolvenza sostenute da stati anch’essi ai limiti dell’insolvenza che a loro volta sono sostenuti dalle medesime banche.

--> Competenze SSM: affidate alla ECB. Limiti alle competenze: La BCE ha competenza sulle banche con attività (assets) superiori a 30 miliardi di euro, circa 130 banche che rappresentano però l’80% delle attività dell’EZ. La ECB condurrà dal novembre 2013 un esercizio di valutazione sui bilanci bancari volto a scoprirne le criticità, e uno stress test assieme alla EBA (European Banking Authority) volto a valutarne la resistenza a shock. Al termine, nel novembre 2014 la ECB assumerà il ruolo di SSM. La BCE è preoccupata che emergano criticità nazionali senza un SRM europeo ben definito.
--> Un problema di fondo che determinò una perplessità della Germania ad affidare il compito di vigilanza alla BCE è stata la possibile sovrapposizione con la politica monetaria: questa può esser influenzata dall’attività di supervisione, nella misura in cui la salute dei bilanci bancari può dipendere dalla politica monetaria. Con riguardo alla situazione corrente, va ricordato che la BCE ha stimolato le banche dei paesi periferici attraverso cospicue iniezioni di liquidità a buon mercato (cap.9) ad acquistare cospicue quantità di titoli pubblici non più finanziati dagli investitori esteri. Questo potrebbe implicare che se la BCE nella sua attività di valutazione che svolgerà dal novembre del 2013 e nella successiva attività di vigilanza ritenesse questi attivi ad elevata rischiosità, tali da incidere sulla solidità patrimoniale delle banche, essa potrebbe essere indotta a misure di sostegno dei titoli pubblici (si veda http://www.lavoce.info/vigilanza-bce-banche-italiane/)   A norma di Trattati, comunque, il ruolo della BCE come SSM viene subordinata all’obiettivo della stabilità dei prezzi.
--> Il vertice include fra le competenze dello European Stability Mechanism (ESM, vedi BOX e cap. 10) anche quello della ricapitalizzazione delle banche, una volta che il SSM sia a regime: < When an effective single supervisory mechanism is established, involving the ECB, for banks in the euro area the ESM could, following a regular decision, have the possibility to recapitalize banks directly.> (IMF 2013: 20). Questo del ruolo dell’EMS è oggetto di controversia su cui torneremo. Nel luglio 2013 l’EMS interviene con 60 miliardi di euro di prestito al governo spagnolo a sostegno della ricapitalizzazine di alcune banche spagnole (attenzione il prestito è al governo, non alle banche, sicché non si spezza l’abbraccio mortale).
L’EMS
To assure markets that the Europeans had the institutions and the resources in place to deal with any future debt crisis, an important step was taken in May 2010 when the euro area member states decided to create the European Financial Stability Facility (EFSF). The EFSF, which was designed to last three years, provides temporary financial assistance to euro area member states in difficulties. To fulfil its mission, the EFSF issues bonds or other debt instruments on the capital markets.
In June 2011, the euro zone leaders agreed to enlarge the mandate of the EFSF to give it more autonomy and increase its effectiveness, and it was decided to make the stability mechanism permanent by creating a successor institution, the European Stability Mechanism (ESM). The EFSF has been used to finance the bailouts of Ireland (agreed in November 2010), Portugal (agreed in June 2011), and Greece (formally approved in March 2012 after months of tense negotiations). And in June 2012, European policymakers agreed to lend to the Spanish state (through the EFSF/ESM) up to EUR 100 billion in order to recapitalise and restructure its banking sector.
The combined lending power of the bailout funds (the temporary EFSF and the permanent ESM) has been temporarily increased to EUR 700 billion. On June 29, 2012, European leaders took the important decision to use the euro zone’s rescue funds (the EFSF/ESM) to recapitalise ailing banks directly (rather than helping banks via loans to their sovereign governments), once a single European bank supervisor is established. They have recognized that the stability of the euro zone requires the severance of the mutually destructive link between banks and sovereigns.

--> 14 dicembre 2012 il vertice europeo si accorda per affiancare all’SSM un Single Resolution Mechanism (SRM) mentre procede la definizione di regole comuni per la risoluzione delle crisi bancarie à Bank Recovery and Resolution Directive (BRRD).

--> Vertice ministri finanziari 21 giugno 2013. Due accordi riguardanti: il ruolo dell’ESM nella ricapitalizzazione delle banche nell’ambito di una legislazione comune (Bank Recovery and Resolution Directive BRRD. Il BRRD costituisce un passaggio necessario verso il SRM, cioè la definizione di una autority preposta a condurre la risoluzione delle crisi bancarie. Il BRRD prevede forti penalizzazioni (bail in) per azionisti e creditori delle banche insolventi; esso prevede anche la costituzione di “resolution funds” nazionali finanziati dalle stesse banche e il ricorso all’EMS solo in casi estremi. Il BRRD entra in vigore dal 2018 (anche se, sembra di capire, alcune regole circa il bail in siano in vigore già da ora).
--> Luglio 2013, la Commissione pubblica una proposta di SRM, la cui istituzione era stata decisa nel dicembre 2012, immediatamente respinta dalla Germania perché accentra troppi poteri presso la Commissione e adombra un SRF.
--> Vertice 24 ottobre 2013. Sollecita il Parlamento sia di approvare il BRRD che una Deposit Guarentee Directive entro l’anno. Sollecita anche la definizione da parte del Consiglio dei ministri europeo del SRM di  modo che vi possa essere l’approvazione da parte del Parlamento europeo prima delle elezioni di metà aprile. La BCE sollecita la definizione del SRM entro l’inizio del 2015 in modo di cominciare la propria attività di vigilanza essendo già disponibile un meccanismo di risoluzione delle crisi bancarie (SRM+BRRD). Il vertice intanto sollecita i governi nazionali in vista dell’esercizio di valutazione della BCE a predisporre backstop finanziari nazionali (si veda http://www.reuters.com/article/2013/10/24/europe-bankunion-idUSL5N0IE3IR20131024)



Attualmente lo scontro a livello europeo è sull’SRM poiché esso regola la misura in cui i costi di risoluzione delle crisi bancarie ricadono a livello nazionale o europeo. L’obiezione tedesca (non senza fondamenti legali) è che un SRM molto forte (quale, vedremo, proposto dalla Commissione) che preveda forti poteri europei nella risoluzione delle crisi bancarie e il ricorso a fondi europei non è previsto dai presenti Trattati europei: <a future “steel-framed” banking union will require, among other things, a European fiscal capacity, a European insolvency regime for banks, and a European resolution authority. None of these is explicitly provided for in the current treaties.> (IMF p.5, vedi anche Veron 2013 - http://aei.pitt.edu/42812/). Un mutamento dei Trattati è un processo incerto, poiché richiede il vaglio di tutti i Parlamenti nazionali, che può richiedere anni. Esso non era invece necessario per l’istituzione dell’ESM.

5. Esame problematiche delle singole colonne portanti (SSM, SRM, SRF)
Esaminiamo ora lo stato dell’arte nei riguardi dei “pillar” dell’UB à SSM, SRM, SRF.
5.1. SSM - Passaggio di consegne alla BCE e stress-test preliminare sulla capitalizzazione delle banche
Nell’assumere il ruolo di SSM, la BCE svolgerà in coordinamento con le autorità di sorveglianza nazionali una valutazione sulla situazione di bilancio delle banche soggette – in sostanza circa la bontà dell’attivo - di modo da classificarle in istituti (a) sufficientemente capitalizzati; (b) moderatamente sotto-capitalizzate; (c) severamente sotto-capitalizzate o insolventi e tali da richiedere un intervento pubblico. Questo tipo di valutazione (triage) si è rivelata chiave nell’affrontare precedenti casi di crisi bancarie.                                     I precedenti stress-test condotti  precedentemente dall’EBA (la European Banking Authority) non erano risultati affidabili à ora con l’SSM l’accesso alle informazioni dovrebbe essere più garantito.
I problemi che Veron (2013) identifica sono che, da un lato, la valutazione che precede alle consegne del SSM alla BCE va condotto rigorosamente, previa perdita di credibilità dell’SSM e della stessa BCE; dall’altro, laddove si identificassero casi di sotto-capitalizzazione, il sistema non è ancora preparato ad affrontarlo, mancando gli altri due pilastri (risoluzione della crisi SRM e sostegno finanziario), dunque una bomba a tempo:
In sum, the pre-handover assessment will likely to need to be complemented by pre-handover restructuring of problem banks identified in the assessment. There is essentially no alternative: A botched assessment, comparable to the collective failures of risk analysis that marked the 2010 and 2011 stress tests, would be disastrous to the credibility of the ECB and could have wide-ranging destabilizing consequences for the European financial and monetary system. Conversely, a well-managed process, with an effective framework to deal with problem banks as identified through the assessment, holds the promise of restoring trust in the European banking sector to an extent that has eluded policymakers since the start of the crisis in mid-2007. Depending on the perspective, the handover can be depicted either as a time bomb, or as a crucial milestone on the path to euro area crisis resolution. If the 2014 handover is a failure, the banking union may become a bridge to nowhere.”
Il 23 ottobre 2013 la BCE ha annunciato l’avvio e i criteri del ”comprehensive assessment in advance of supervisory role”
The assessment will consist of three elements: i) a supervisory risk assessment to review, quantitatively and qualitatively, key risks, including liquidity, leverage and funding; ii) an asset quality review (AQR) to enhance the transparency of bank exposures by reviewing the quality of banks’ assets, including the adequacy of asset and collateral valuation and related provisions; and iii) a stress test to examine the resilience of banks’ balance sheet to stress scenarios. These three elements are closely interlinked. The assessment will be based on a capital benchmark of 8% Common Equity Tier 1, drawing on the definition of the Capital Requirements Directive IV/Capital Requirements Regulation, including transitional arrangements, for both the AQR and the baseline stress test scenario. The details concerning the stress test will be announced at a later stage, in coordination with the European Banking Authority.
The comprehensive assessment will conclude with an aggregate disclosure of the outcomes, at country and bank level, together with any recommendations for supervisory measures. This comprehensive outcome will be published prior to the ECB assuming its supervisory role in November 2014, and will include the findings of the three pillars of the comprehensive assessment.

Approfondimento; http://www.bruegel.org/nc/blog/detail/article/1178-an-encouraging-start-for-the-ecbs-big-bank-review/

Nei giorni precedenti Draghi si è rivelato molto preoccupato facendo arrivare ai giornali una sua lettera dello scorso luglio alla Commissione europea.
Il Presidente della BCE appare preoccupato per l’assenza di un chiaro SRM e di adeguati backstop europei laddove emergano serie criticità. Le regole attuali sembrano, inoltre, prevedere severi bail in che, costituendo un elemento di preoccupazione per gli investitori, si ritorcerebbero contro le necessità per gli istituti bancario di accrescere la propria capitalizzazione attraverso il ricorso al mercato. Sembra infatti che parte delle misure di bail in (relativamente a azionisti e titolari di obbligazioni subordinate)[1] siano già in vigore alla fine dell’estate 2012 (misure già previste prima della BRRD), e quindi forme di bail in saranno già in vigore in previsione degli stress test (successivamente durante il 2014 il BRRD estende il bail in a categorie più senior di creditori). Ecco come si è espresso Draghi distinguendo fra banche insolventi e banche sane che necessitano di un rafforzamento patrimoniale:
Draghi told the European Commission in a July 30 letter that banks that are still viable but need state aid to boost their capital base should be allowed to receive help without inflicting losses on their junior bondholders.
Draghi said his letter addressed a specific problem relating to two kinds of bank.
"One bank that is found to be with a level of capital which is below the regulatory minimum after the asset quality review. For this bank there is no question, the state aid rules, as they are defined in the framework, would apply - with a bail in of shareholders, then of creditors according to the pecking list described in the framework.
"But there is another kind of bank that is found to be with the level of capital which is above the regulatory minimum as found by the asset quality review. This bank could be found in need of capital after the stress test," he added.
If such banks are solvent but could need fresh capital in stressed conditions "the supervisor should be free to continue his or her supervisory action so as to increase the capital of the bank as needed without any danger of the creditors of the bank or any fear by them that they could be bailed in. That's why backstops ought to be in place.
"And my letter addressed exactly this second problem and fortunately, since that letter both the Commission and the ECB are working together to address this specific problem.

Un’altra a criticità riguarda l’ammontare di liquidità che le banche “periferiche” hanno ottenuto dalla BCE a fronte del quale vi è un forte ammontare di titoli pubblici. Come valutare questi ultimi dato il loro rischio? L’EBA sembra chiederà un cuscinetto di capitale aggiuntivo.
Neanche le regole appaiono allo stato (fine ottobre 2013) pienamente definite. Per esempio, criteri nazionali che riguardano le sofferenze bancarie (non performing loans) e i relativi accantonamenti sono diverse da paese a paese (più rigidi in Italia). EBA e ECB stanno lavorando a criteri uniformi.

In conclusione, Kirkegaard (2013- part III) nota che la regolamentazione dei salvataggi introdotta nel giugno 2013 (v. sopra BRRD) entra in vigore solo dopo che la ECB , nel novembre 2014,  abbia preso le redini del SSM. Per cui la ECB con lo stress test può scoprire criticità che, tuttavia, l’Europa non è ancora attrezzata ad affrontare lasciando dunque, da ultimo, tali criticità sugli stati nazionali:
Europe’s deals on access to ESM direct bank recapitalization and bail-ins of bank creditors are in principle not applicable to such a stress test. The new rules are only scheduled to come into force after the ECB takes over as regulator. European governments would thus still be largely liable for any capital shortfalls uncovered in their national banks. This sequencing raises the risk that a credible backstop might not be available for euro area banks in countries facing severe fiscal stress already, and therefore of another dud (fallimentare) stress test on the table.
Il Consiglio europeo ha indicato che sono i singoli paesi a dover predisporre “national backstops” preliminarmente agli stress test. Conclude Kirkegaard:But how credible can national backstops be in countries already in weak fiscal positions?”. The Economist cita una fonte “It is madness to expose capital shortfalls if you don’t know where new capital is going to come from”.
LLe preoccupazioni dei mercati, allo stato (fine ottobre 2013) sono limitate. Uno studio di Goldman Sachs stima in 50 miliardi di euro il fabbisogno di ricapitalizzazione di un pugno, 5 o 10, di banche italiane, spagnole e tedesche. Il punto è che è un ordine di grandezza pur importante per Italia e Spagna.
La questione di cosa accade se l’esercizio di valutazione della BCE e gli stress test ci conduce alla questione del SRM e del SRF.
5.2.  SRM-SRF
Prima di illustrare la proposta della Commissione per un SRM presentata lo scorso luglio, che contiene anche una proposta di un Single Bank Resolution Fund (SBRF), occupiamoci di ciò che è già stato grosso modo approvato, dunque l’BRRD che riguarda le regole di risoluzione delle crisi. La controversa definizione delle autority che se ne dovrebbero occupare, il SRM e collegato SRF, potrebbe modificare tali regole. Il Parlamento europeo ha dato il la al BRRD nel settembre 2013, sembra con grande unanimità e senza grandi modifiche (il che significa che nel Parlamento europeo è attualmente assente una opposizione progressista che sia consapevole e competente delle problematiche).
5.2.1. BRRD
Vediamo dunque l’aspetto delle regole BRRD (v. Kirkegaard 2013 part II).
La direttiva è importante perché fissa le regole per la risoluzione delle crisi bancarie dando certezza all’attività della BCE come SSM – che deve avere un quadro certo delle conseguenze della sua azione volta a scoprire situazioni di insolvenza – e perché è preliminare alla costituzione di una SRM. Il problema è che il BRRD entra in vigore nel 2018, mentre SRM e SRF sono in alto mare, lasciando per ora scoperte, o affidate alle autorità nazionali, le eventuali criticità rivelate dalla valutazione della ECB e relativi stress test.
--> Elemento caratterizzante di questa direttiva è l’imposizione dei costi dei salvataggi sui creditori (bail in) rispettando i depositi sotto i 100 mila euro e alcune altre categorie (come le passività a breve nel mercato interbancario (àun altro modo per tenere locale il salvataggio laddove i prestiti interbancari fossero internazionali). Sebbene venga prevista una discrezionalità per i singoli paesi nel tarare le misure a sfavore dei creditori, vi sono dei limiti. L’intervento dell’ESM è solo di ultima istanza, preceduto da misure a sfavore dei creditori (shareholders e bondholders) e da sostegni dei governi nazionali
La direttiva entra in vigore dopo gli stress-test che la BCE condurrà nel 2014 preliminarmente all’assunzione del ruolo di SSM. Ciò implica che eventuali insolvenze rilevate dagli stress test saranno da affrontare a livello nazionale, sebbene normativa europea già in vigore sembra già comporti l’obbligo di bail in con riguardo a shareholders (azionisti) e junior bondholders (obbligazioni subordinate) (anche sui quotidiani c’è incertezza sulla situazione corrente).
A regime, la ristrutturazione e ricapitalizzazione delle banche prevede tre passaggi:
i)        Nel primo stadio perdite sino all’8% delle attività totali della banca devono essere cancellate colpendo azionisti e creditori (obbligazioni subordinate e depositi delle grandi imprese)
ii)      Copertura di un 5% aggiuntivo può essere deciso dal governo locale ricorrendo all’imposizione di ulteriore perdite sui creditori della banca (senior questa volta cioè obbligazioni senior e depositi delle piccole e medie imprese  e privati, sempre sopra i 100 mila euro), a fondi nazionali (fiscali o di un resolution fund), o ricorrendo a un prestito governativo dall’ESM - governativo, quindi non intervento diretto del ESM.
iii)     Solo nel terzo stadio (dunque dopo che perdite pari al 13% = 8+5 del totale degli assets della banca sono stati coperti con coinvolgimento dei creditori (bail in) o ricapitalizzazione  diretta dello stato locale, può l’EMS intervenire direttamente nella ricapitalizzazione. Le regole dell’intervento ESM sono stringenti: che lo stato membro non sia in grado di ricapitalizzare da solo; che la banca sia sistemica e ponga un pericolo per la stabilità dell’euro (Baglioni). Ciò verificato i criteri sono stringenti, come già visto sopra (Kirkegaard 2013 part I):
The maximum amount available for this purpose would be €60 billion. In addition, two types of national government cofinancing are envisioned. First, national governments will have to inject sufficient capital to get the beneficiary institution up to the legally required minimum Common Equity Tier 1 (CET1) ratio of 4.5 percent in a stress test established by the Basel III framework. Thus the first money to flow into any troubled bank will come from national governments or from costs imposed on creditors (see Part II, to be posted next.) Only then can ESM cash be considered for capital needs above the 4.5 percent threshold. In addition, for capital injections above the 4.5 percent threshold, direct ESM recapitalization is possible, but only with a 20 percent member state copayment.1 Accordingly, ESM direct recapitalization can amount to no more than 80 percent of capital needs above a bank’s 4.5 percent minimum regulatory capital threshold in a stress test.

-->  I paesi devono inoltre creare dei “resolution funds” nazionali finanziati dalle banche medesime sino  a raggiungere in 10 anni lo 0,8% dei depositi (covered deposits). Questo si aggiunge alla Garanzia Nazionale sui Depositi (DGS) che già prevedeva lo 0,5% dei “covered deposits”. Il totale, 1,3% è di dimensione analoga al fondo istituito presso il FDIC americano. Un assicurazione europea non è però neppure in vista (Baglioni) (The Economist commenta: “A euro-wide deposit insurance is so controversial it isn’t polite to mention it”).

5.2.2. Valutazione BRRD                                                                                                                      
Kirkegaard (2013-part II) ritiene che fosse questa regolamentazione stata in vigore prima dei casi spagnolo e irlandese, essa avrebbe fatto una differenza, particolarmente nel caso spagnolo di Bankia. Nel caso irlandese del collasso della Anglo-Irish Bank il costo sul contribuente irlandese sarebbe stato minore – anche se l’intervento del ESM sarebbe stato inevitabile, viste le dimensioni del fallimento relativamente al Pil di quel paese.
Secondo Munchau (FT 1/7/13) le regole fissate nel vertice di giugno a proposito di ESM e BRRD non spezzano il doom loop in quanto il bail in scarica sul settore privato del medesimo paese il peso delle perdite lasciando il problema fondamentalmente locale:
In theory, a bail-in rule should shift some of the financial burden away from the bank’s home state. But this only works to the extent that some of those shareholders and bondholders are foreigners. The trouble is that the banks have become more national since the crisis. They are the buyers of last resort of their home countries’ national debt. In return, the governments backstop their domestic banks. Most of their creditors are domestic. It therefore matters little whether the Spanish state bails out its banks or whether mostly Spanish bondholders get bailed in. The bottom line is that all the risk remains in Spain. As such, it is a liability of the Spanish state in the final consequence.
Un altro punto controverso riguarda il pregresso. In una dichiarazione congiunta del 25/9/2009 i ministri delle finanze di Gemania, Olanda e Finlandia affermarono:
“Principles that should be incorporated in design of the instrument for [future] direct recapitalization [of banks by the ESM] include: (…) the ESM can take direct responsibility of problems that occur under the new supervision [by the ECB within the SSM], but legacy assets should be under the responsibility of national authorities.”
La questione, sembra di capire, è ancora da dirimere. La tesi di Veron è che per ciò che riguarda alle perdite materializzatesi prima del 2014, esse saranno sostenute dai governi nazionali (o da più governi nel caso di banche sovranazionali), non spezzando il “doom loop”. Il punto è però contenzioso perché qualche governo potrebbe escludere dal sostegno europeo tutte le perdite relative ad attività acquisite prima del 2014, anche se si materializzassero nel 2015 e oltre.
Infine, questa del coinvolgimento del settore privato (Private Sector Involvment PSI) è un’altra faccenda complicata. Nella narrazione della crisi, una decisione presa da Merkel e Sarkosy durante una famosa passeggiata il 18 ottobre 2010 nella spiaggia di Deauville - allora la coppia era definita Merkosy, e chi decideva, secondo l’opinione comune, era la Merkel – in cui i due decisero che il settore privato dovesse essere coinvolto nei costi di eventuali fallimenti sovrani, viene da alcuni posta come pietra miliare dell’aggravamento della crisi, e in particolare della sua estensione a Spagna e Italia. [Fino a quel momento e dalla nascita dell’euro i mercati finanziari avevano credito nella regola non scritta che eventuali default sovrani avrebbero condotto a un pieno bail-out da parte degli altri governi o della BCE, nonostante la regola scritta del no-bail-out; questo spiegherebbe anche la convergenza dei tassi di interesse sovrani durante gli anni dell’euro; l’accordo di Deauville sul PSI venne come una doccia fredda]. A posteriori si può dire che invece di assicurare il sostegno della BCE ai debiti sovrani, tranquillizzando i mercati, essi inviarono loro il messaggio opposto: preoccupatevi. Una Lehman Brothers franco-tedesca. Nel caso del “default pilotato” della Grecia dell’inverno-primavera 2012 fu infatti applicata una tosa (haircut)  sui creditori, e così poi nel caso di Cipro della primavera 2013.
Nel caso dei salvataggi bancari, tuttavia, vi sono argomenti a favore del coinvolgimento degli azionisti e dei maggiori creditori (bail in) nell’assorbimento delle perdite, con l’esclusione dei depositi sotto una certa soglia, in genere 100 mila euro. Oltre che per tranquillizzare l’opinione pubblica, tale coinvolgimento ha la sua logica nello sventare la tentazione all’azzardo (moral hazard), cioè condotte bancarie rischiose nell’attesa, se gli investimenti van male, di un salvataggio pubblico (bail out). Sebbene in maniera non sistematica, forme di coinvolgimento dei privati sono state adottate in diversi salvataggio condotti negli scorsi anni, e poi con un coinvolgimento più diretto dell’UE nel caso di Cipro nella primavera 2013. 
Esaminiamo ora il ruolo dell’ESM che dovrebbe costituire il/un back stop del SRM. Successivamente esamineremo la controversa proposta della Commissione per l’SRM (e SRF).
5.2.3.     ESM
Come al solito il bicchiere può essere considerato mezzo vuoto o mezzo pieno. Ovvero il sistema da un lato vincola assai l’impiego del ESM, ma dall’altro – come spesso accade nelle misure europee – vi sono margini di arbitrio che rendono il sistema meno rigido. Da un lato l’intervento del ESM nella ricapitalizzazione è interviene solo a rafforzare l’impegno  diretto del governo coinvolto e una volta coinvolti i creditori della banca nelle insolvenze (bail in) (Kirkegaard 2013 part 1).
 “Sembrerebbe una vittoria dei falchi del moral hazard”, afferma Kirkegaard. D’altro lato, in verità, l’accordo prevede che se il paese in oggetto non è in grado di sostenere la propria parte, i criteri si fanno più flessibili: l’impegno può superare i 60 miliardi di euro, e il coinvolgimento dello stato locale essere inferiore. Tale flessibilità sarebbe accompagnata, tuttavia, da misure di condizionalità macroeconomica. L’impegno del fondo non dovrà, addirittura, attendere che la BCE nel settembre 2014 (previsione) assuma il ruolo di SSM, ma essere retroattivo, ovvero l’ESM subentrare a precedenti programmi di sostegno (per esempio, sembra di capire, l’ESM potrebbe assumere su di sé il costo di precedenti sostegni che i governi greco o irlandese verso le loro banche, riducendo dunque in maniera corrispondente il debito pubblico di questi paesi).
Kirkegaard conclude così che, a suo avviso, l’ESM non ha regole certe ma è soggetto alla discrezionalità che, da ultimo, deve trovare una legittimazione politica. Questo sarebbe inevitabile perché l’ESM utilizza risorse pubbliche il cui impiego deve trovare una legittimazione politica (dunque democratica) e non essere affidato a organismi tecnocratici come la Commissione. Il board dell’ESM è infatti composto dai ministri delle finanze.
Le valutazioni sul ruolo dell’ESM sono però in genere negative, vale a dire che un backstop europeo che vada oltre quelli nazionali non c’è. Che poi in emergenza  e dietro l’imposizione di condizionalità sul paese coinvolto un intervento europeo si potrà manifestare questo è evidente: in questa crisi l’Europa è sempre intervenuta quando le situazioni erano sul punto di deflagrare, ma mai per risolvere la crisi in maniera definitiva Vediamo dunque alcune valutazioni sul ruolo dell’ESM, vale a dire sull’effettivo backstop europeo alle crisi bancarie.
5.2.4. Valutazione ruolo ESM nell’unione bancaria
La valutazione di Micossi circa il ruolo del EMS è sconsolata:
As for direct recapitalisation of banks by the ESM, the proposed system appears not only highly intrusive but it also places a considerable burden of aid to the failing institution on the member state, raising doubts about its ability to “break the vicious circle between banks and sovereigns”. It also displays a profound mistrust of anyone in need of assistance; hardly the remedy to restore confidence among market participants. The emphasis is on individual institutions, leaving little room to address a generalised need for strengthening bank capital as a result, for instance, of a protracted recession affecting banks economy-wide – as many believe is the case in the eurozone today (European Commission, 2013; IMF, 2013, and Benin & Huizinga, 2013). The conditions imposed on the requesting member state and the distressed institution are very harsh, so that resorting to the new instrument will probably be delayed as long as possible; in all likelihood raising the eventual cost of the rescue.
A world of difference, in sum, from the approach taken in 2008 by Secretary Paulson of the US Treasury with his Capital Purchase Programme (CPP). The CPP was designed to bolster the capital of ailing institutions, in extremely adverse economic conditions, so as to release the flow of credit to the economy and restore confidence. To this end, the US Treasury initially committed $250 billion, and eventually invested about $205 billion, to provide capital to 707 financial institutions throughout the country. Against the capital injections, the Treasury received preferred (non-voting) stock yielding a 5% dividend for the first five years and 9% thereafter, but there was no deadline for the investment and little intrusion into the banks’ business decisions. As of April 30, the Treasury has recovered more than $222 billion from CPP from dividend income and repayments and expects to recover additional funds.

Similarmente Schieritz (as reported by Munchau) and Munchau (Eurointelligence 2/7/13):
The banking union, if anything, is an instrument for the solution of the next crisis, not this one. It is practically dead. [Schieritz] said the banking union will ultimately only accept banks with clean balance sheets. The cleaning up will be a matter for national authorities, and through bail-ins. The best contribution the ESM can make is to help states meet this challenge. .. We have also argued for some time that this banking union will be irrelevant for this crisis – though we were more optimistic than Schieritz about the future, though the agreement on the bail-in regime suggests that our optimism may have been misplaced. There remains a massive gap between the reality of the coming union and the hopes and expectations especially in Spain, whose banking debts are simply not sustainable under a no-bailout regime, and where the government has no fiscal room for manoeuvre. Under this regime, the only way for Spain to solve its zombie bank problem would be by leaving the eurozone.
Ancora più duro un articolo del Financial Times che enumera 10 ostacoli frapposti (dalla Germania) a un effettivo intervento dell’ESM:
 
1. German veto: Any ESM decision to take a direct stake in a bank is subject to a German veto.
2. German veto: the Bundestag would have to vote through any direct recap. Germany’s centre-left Social Democratic Party, the most likely coalition partner for Chancellor Angela Merkel, is dead-set against direct recapitalisation of banks. It thinks the financial sector, not taxpayers, should foot the bill for bank failure.
3. Too late: The tool is supposed to be used after the European Central Bank takes over supervision of the main eurozone lenders. To German eyes, that means it does not cover legacy problems uncovered by the review of bank assets
4. No saving creditors: Under the direct recap rules, a bank’s creditors need to fully absorb “appropriate” losses before public money is deployed. The exact requirements are still unclear. But it was tentatively agreed in a pact on the Bank Resolution and Recovery Directive that all shareholders, junior and senior bondholders should be wiped out before a direct recap. Even though full bail-in is not expected to be law until 2018, that “principle” is supposed to apply to direct recap over the next few years. It makes a huge difference. With such heavy write-downs, a bank recap would not be saving the bank, but protecting depositors left in the husk of a failed bank.
5. Limited funds: the ESM set a E60bn limit on direct recapitalisation. That is not a lot, particularly to deal with “exceptional circumstances”. It is roughly equal to the recapitalisation of Spanish banks last year. And, to give some perspective, €473bn of public capital has been poured into European banks since 2008.
6. No free lunch: the bank’s home state has to to chip in at least 20 per cent of the recap until around 2016/17, and then 10 per cent afterwards
7. Not for insolvent banks: If after a stress test a bank is found to fall short of the Basel set minimum level of capital, the gap must be covered by the member state, not ESM.
8. Strings attached: the conditions accompanying the recap may not be applied to just a bank. Member states could have an economic programme foisted on them as well. “Other policy conditions, including where appropriate those related to the general economic policies of the ESM Member concerned, are included in the MoU attached to the financial assistance,” according to the rules “All conditionality shall be closely monitored.”
9. Always on the hook: should a member state be unable to contribute to a direct recap, it might still be required to guarantee the equity stake. This wouldn’t appear on sovereign debt numbers, but it is a sovereign liability that markets are unlikely to overlook.
10. Double stressed: Under the direct recap rules, the ESM must carry out its own assessment of the bank’s balance sheet, which is valued at market prices. So there would be a stress test after the ECB test, just to make sure no problems were hidden
(http://blogs.ft.com/brusselsblog/2013/10/an-unusable-backstop-10-reasons-why-the-esm-might-never-take-a-stake-in-a-bank/)

5.2.5. Situazione corrente: discussioni correnti circa il SRM
--> Come già detto al principio luglio 2013, la Commissione pubblica una proposta di SRM immediatamente respinta dalla Germania.
Una volta approvata la Direttiva su “Bank recovery and resolution” (BRRD) (approvata nel settembre 2013 dal Parlamento europeo), argomenta la Commissione (v. le FAQ in http://europa.eu/rapid/press-release_MEMO-13-675_en.htm), questa si affida nell’intanto a un network di autorità e fondi di salvataggio locali nel quadro ora condiviso circa le regole di intervento. Un SRM associato a un  Single Bank Resolution Fund (SBRF) risulterebbe però, secondo la Commissione, una struttura più razionale:
it is not possible to have a single European mechanism for the supervision of banks but to leave the resolution of banks to national authorities as tensions between the supervisor (ECB) and national resolution authorities could emerge over how to deal with ailing banks. At the same time, market expectations about Member States’ ability to deal with bank failure nationally could persist, reinforcing negative feedback loops between sovereigns and banks and maintaining fragmentation and competitive distortions across the Single Market.

Il SRM si occuperebbe delle circa 6 mila banche, ma in una maniera sporadica, vale a dire all’occorrenza di crisi. [Curiosamente la segnalazione di un punto di crisi verrebbe dalla BCE che, però, sorveglia solo 130 grandi banche.] Nella proposta della Commissione la gestione di queste verrebbe svolta in coordinamento con le autorità locali e diretta da una commissione specifica con membri del SRM, Commissione e locali. Il SBRF, costituito da contributi delle banche medesime, andrebbe a sostituire i fondi nazionali istituiti in seguito alla Direttiva BRRD. Il suo scopo è di fornire sostegno alle banche in ristrutturazione sotto forma di prestiti, potendo a sua volta anche accedere a prestiti a questo scopo. L’ESM o fondi pubblici locali dovrebbero intervenire solo in situazioni estreme, per esempio a fronte di una crisi sistemica, e poter recuperare i fondi devoluti dallo stesso SBRF, che a sua volta può rifarsi con ulteriori contributi da parte delle banche. Il fondo dovrebbe essere costituito in 10 anni con fondi pari all’1% dei “covered deposits” delle banche (circa 55 miliardi di euro). Il SRM non ha poteri di forzare finanziamenti dagli stati. Il Deposit Guarantee Scheme rimarrebbe al suo posto secondo i principi del draft della Direttiva BRRD, e solo in emergenza il SBRF soccorrerebbe il DGS con dei prestiti. La struttura sarebbe simile all’americano FDIC, ma a differenza di questo, pur assumendo le decisioni principali, lascerebbe grande spazio alle autorità locali nella gestione della crisi. (un articolo di Hamaui ironizza tuttavia sull’efficienza in caso di crisi dei meccanismi proposti dalla Commissione http://www.lavoce.info/stress-questunione-bancaria/)
L’opposizione tedesca non si ha tardato a farsi sentire. Timorosa di ogni decisione che deleghi alla Commissione un potere sopra le finanze nazionali, essa si è appellata alla necessità di cambiamenti dei Trattati europei prima che un SRM possa essere istituito. La Germania ha dunque riaffermato, che fintanto che ciò non accade (e difficilmente accadrà), una strategia basata su un network di autorità e fondi di salvataggio nazionali (nel quadro BRRD), il tutto limitato alle grandi banche, è ciò che è possibile. I tedeschi sembrano sostenere l’idea di una autority leggera appoggiata all’ESM – che è in Lussemburgo ed è un organismo inter-governativo fuori dei Trattati. Poiché i fondi di salvataggio nazionali previsti dal BRRD non sono ancora pronti, lo saranno in 10 anni, la Germania ammette un ruolo dell’EMS nel caso che problematiche emergessero nel frattempo durante l’esercizio di valutazione della BCE. I tedeschi fidano in ogni caso di possedere un diritto di veto sull’impiego dei fondi ESM. Dovrebbe ro però essere anticipate severe misure di bail in – incluse quelle sugli obbligazionisti non –subordinati previste solo per il 2018. Si tratterebbe, a detta dello Spiegel, di una “banking confederation” piuttosto che di una Unione Bancaria. Lo Spiegel riporta inoltre le ironiche affermazioni di Bini Smaghi circa il fatto che la Germania non ha mai applicato la logica del bail in nei cospicui salvataggi effettuati in questo anni a favore delle proprie banche. (http://www.spiegel.de/international/europe/ecb-tests-set-to-reveal-german-banking-faults-and-political-agenda-a-929553.html).
(Si veda anche FT: http://blogs.ft.com/brusselsblog/2013/09/resolved-to-compromise/)
Nonostante un precedente documento congiunto franco-tedesco favorevole al network, la Francia sostiene ora la proposta della Commissione.

Conclusioni
L’Europa istituisce il SSM in assenza di SRM e SRF. Tempi stretti per approvare BRRD e SRM e incertezza corrente su come risolvere eventuali criticità rivelate dalla valutazione della BCE in corso da questo novembre. Perplessità di Draghi che costi di ricapitalizzazione ricadano sugli obbligazionisti subordinati sì da scoraggiarne la sottoscrizione di eventuali ricapitalizzazioni. Necessità dunque di backstop pubblici adeguati, che però i paesi periferici potrebbero aver difficoltà ad approntare. La Germania respinge la proposta della Commissione di un SRM presso Bruxelles e di un SRF in luogo di fondi nazionali. Dunque, idea prevalente che la risoluzione rimanga a livello locale attraverso bail in e fondi locali, con margini di arbitrio per paesi che se lo possano permettere di sostegno pubblico. ESM come solo fondo di emergenza con diritto di veto per ciascun paese e possibile condizionalità sui paesi richiedenti. L’Europa procede verso una “confederazione bancaria” ma non verso una banking union del tipo americano. Le crisi bancarie, sia pregresse che future rimarranno fondamentalmente locali, tranne casi “too big too fail” dala portata sistemica in cui vi potrà essere un intervento del ESM. Come al solito l’Europa tiene i pazienti moribondi, ma non li fa morire.

Riferimenti




[1] Le obbligazioni bancarie subordinate offrono un rendimento più elevato, ma sono le prime a soffrire perdite in casi di insolvenza della banca.

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