mercoledì 8 gennaio 2014

Fassina di lotta o di governo?




Articolo con Lanfranco Turci su il manifesto. Un po' buonista, lo riconosco.. Se dovessi riassumerlo: Fassina è diviso, da un lato, fra la difesa di un governo impresentabile per cui chiede a Renzi di rendersi correo dello scempio del paese, ma così l'ex vice-ministro è costretto a difendere il governo; dall'altro egli afferma, giustamente, che i problemi sono in Europa e parla di un fantomatico Piano B di cui non dà dettagli. La sua credibilità a sinistra dipenderà da una sollecita iniziativa nella seconda direzione.

Fassina-Renzi: uno scontro poco chiaro sulla politica della ue (titolo redazionale)
di Sergio Cesaratto e Lanfranco Turci
Le dimissioni di Fassina non possono non aver suscitato interrogativi sia per il modo in cui si sono svolte che per la mancata chiara articolazione delle proprie istanze da parte dell’esponente PD. Nei giorni precedenti il vice-ministro aveva inviato un duplice messaggio.
Quello del rimpasto sembrava orientato a Renzi perché si assumesse le proprie responsabilità nel governo attraverso un turn-over fra esponenti bersaniani e renziani, invece di tenersene opportunisticamente distante. Non espresso con tale chiarezza, il messaggio deve essere risultato piuttosto criptico e retrò all’opinione pubblica di sinistra, poco interessante poiché relativo a lotte intestine al PD, e volto in fondo a rafforzare l’esecutivo Letta. L’ex vice-ministro ha peraltro difeso alcuni aspetti dell’attività di governo – e non vi è dubbio che cose utili si possano sempre fare – senza però esprimere giudizi sulla sua azione nei riguardi del tema che egli giustamente ritiene centrale, quello europeo. Più intrigante è infatti il richiamo che l’esponente PD ha fatto della centralità della questione europea, ricordando che è a Bruxelles che si fanno le scelte decisive, e alla necessità di un Piano B per il nostro paese se nulla si smuovesse, come probabile, in quel contesto. Anche qui però il messaggio è stato sintetizzato in poche righe, non sufficienti a comprendere cosa Fassina avesse veramente in mente.
L’aspetto personalistico delle dimissioni, che Renzi ha facilmente presentato come eccesso di permalosità - ciò che in politica non è una virtù – rende necessario che nei prossimi giorni Fassina espliciti con molta chiarezza il suo pensiero. Ci sembra in particolare importante che egli renda edotta l’opinione pubblica di sinistra della percezione che ha avuto dell’azione europea del governo. Sappiamo che tale azione non rientrava nei compiti istituzionali che gli erano stati assegnati, ma anche questo è un tassello della questione: perché ne è stato tenuto lontano? Ci attendiamo insomma un giudizio politico su Saccomanni e sui tecnici che conducono le trattative europee, e su Letta, naturalmente. Pur consapevoli dell’enorme asperità del terreno di confronto europeo, dubitiamo infatti che politicamente e tecnicamente siamo messi in buone mani dato che, del tutto plausibilmente, Saccomanni e il suo staff sono vicini con cuore e mente alle politiche di austerità, e anche Letta non è propriamente affidabile in questo senso. Piuttosto che fra bersaniani e renziani è questo il rimpasto che ci interesserebbe di più. E farà bene Fassina a incalzare Renzi sulla tematica europea a cui il segretario del PD è sinora sfuggito. Ci faccia capire Renzi come intende far cambiare di passo la Merkel, o gli va bene così?
Stefano Fassina può cercare e trovare l’appoggio di una parte qualificata dell’opinione pubblica, fra cui una parte cospicua degli economisti italiani ed europei, che è preoccupata e stanca delle politiche europee, ma è altrettanto perplessa dei facili slogan. Essa vedrebbe per esempio con favore un’iniziativa del nostro paese, attraverso un meditato memorandum da presentare in Europa, volta nel breve periodo a capovolgere l’austerità, e nel medio periodo a riformare le istituzioni comunitarie. Su questo Fassina dovrà dare a breve prova di capacità di mobilitazione.

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