giovedì 3 agosto 2017

La lezione di Keynes e i paesi arretrati

Perchè la lezione di Keynes è valida anche per i paesi arretrati e non solo per quelli più sviluppati (come vuole la lezione convenzionale). La lezione di Garegnani del 1962 in un convegno della Svimez col Centro Sraffa di cui sono ora disponibili gli atti.


Centro Sraffa is pleased to announce the publication of the proceedings of the meeting jointly organized by Centro Sraffa and SVIMEZ on the theme 'Il ruolo della domanda nello sviluppo: il Mezzogiorno italiano, i Sud del mondo e la crisi dell'Europa'.
 
The meeting was held at Unversità Roma Tre on Friday 14th October 2016, on the occasion of the publication in the Review of Political Economy (2015) of parts of Pierangelo Garegnani's essay 'Il problema della domanda effettiva nello sviluppo economico italiano' (SVIMEZ, 1962). 
 
The proceedings have been published in Italian in Quaderno SVIMEZ n. 54, which you can find on the Centro Sraffa website
In occasione della recente pubblicazione, in lingua inglese (Review of Political Economy, Vol. 27, n. 2, 2015), di parti dello studio di Pierangelo Garegnani dal titolo "Il problema della domanda effettiva nello sviluppo economico italiano (1962), originariamente commissionato dalla SVIMEZ a Garegnani, la SVIMEZ, in collaborazione con il Centro di Ricerche e Documentazione ‘Piero Sraffa’, ha organizzato, il 14 ottobre 2016, l’incontro sul tema "Il ruolo della domanda nello sviluppo: il Mezzogiorno italiano, i Sud del mondo e la crisi dell’Europa."
L’intento è stato quello di realizzare una “rivisitazione” di quel contributo, e tramite esso di sviluppare un suo approfondimento ed un confronto di tesi che sottendono al confronto tra politiche dell’austerità ed economia dello sviluppo.
L’incontro di studio, tenutosi presso la Scuola di Economia e Studi Aziendali dell’Università Roma Tre, è stato aperto dall’Introduzione di Sergio Cesaratto (Università degli Studi di Siena). Hanno fatto seguito gli Interventi di Adriano Giannola (Presidente della SVIMEZ), Carmelo Petraglia (Università della Basilicata), Franklin Serrano (Università Federale di Rio de Janeiro), Antonella Palumbo (Università degli Studi Roma Tre).
A seguire si è tenuto un dibattito, al quale sono intervenuti Fabio Petri (Università degli Studi di Siena) Adriano Giannola, Sergio Cesaratto, Massimo Pivetti (Sapienza Università di Roma), Roberto Ciccone (Università degli Studi Roma Tre), Franklin Serrano, Antonella Palumbo. 
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martedì 1 agosto 2017

Una sconfitta storica (aspettando il Polanyi moment)



 Breve articolo in una bella pagina dedicata al lavoro sull'antico quotidiano La libertà di Piacenza. h/t a Elisa Malacalza.
Diseguaglianza e perdita di tutele a livelli impensabili
Viviamo dal principio degli anni ’80 dello scorso secolo un periodo di sconfitta storica del lavoro, dopo decenni di lotte e avanzamenti culminati nei “trent’anni gloriosi” del dopoguerra, caratterizzati dal pieno impiego e da elevati salari diretti e indiretti (via stato sociale). La diseguaglianza e la perdita di tutele ha raggiunto ora livelli impensabili solo pochi anni fa. Questo trend fa apparire i decenni gloriosi un incidente storico, dovuto a contingenze che hanno temporaneamente spostato i rapporti di forza a favore delle lotte del lavoro, piuttosto che una smentita delle cupe previsioni di Marx circa la capacità del libero mercato di apportare permanentemente benessere diffuso e crescente. Quelle contingenze hanno certamente avuto a che fare con la sfida del socialismo reale nel proporre un’alternativa al capitalismo reduce dalla grande crisi degli anni trenta, dalle dittature fasciste (sconfitte per l’apporto determinante dell’URSS), dai conflitti mondiali. La piena occupazione arrecò tuttavia, a fine anni ’60, grande indisciplina sociale. Successivamente, inoltre, la sfida socialista cominciò a declinare nell’immaginario delle classi lavoratrici occidentali, sia per le sue evidenti difficoltà culminate poi in una crisi mortale, che per l’assuefazione a cospicui consumi opulenti. Il capitalismo ne approfittò per ritirare progressivamente quanto aveva concesso nei decenni precedenti. Gli strumenti della reazione, volti a minare ogni capacità di risposta delle classi lavoratrici, sono stati svariati: elevati tassi di disoccupazione dagli anni ’80, trasferimento di intere branche produttive nei paesi in via di sviluppo, flussi migratori.